Borse di studio

Il Gran Consiglio ha approvato – 68 sì e 4 astensioni – il decreto legislativo concernente la ratifica del Cantone Ticino all’Accordo intercantonale sull’armonizzazione dei criteri per la concessione delle borse di studio. Si tratta di una grande vittoria per i Giovani liberali radicali ticinesi che, per favorire tale decisione, l’anno scorso avevano lanciato una raccolta firme. L’adesione all’accordo intercantonale ha adeguato l’assegno massimo al fabbisogno medio annuo di uno studente – i 13’000 CHF non bastavano più a coprire i costi reali, stimati tra i 15 e i 18’000 CHF – e ha reso – con il passaggio del sistema di calcolo dal reddito imponibile a quello disponibile – la distribuzione delle borse di studio più corretta ed equa, consolidando così la democratizzazione degli studi che ha fatto il benessere del nostro Paese. Investiamo nella formazione dei nostri giovani!

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Energia

La Svizzera uscirà dalla produzione di energia da fonte nucleare: punteremo sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili. Abbiamo quindi un’interessante opportunità di sviluppo economico e di creazione di posti di lavoro che va sfruttata appieno. A livello politico dovremo stringere un PATTO AMBIENTALE: l’economia dovrà accettare un contenuto aumento dei prezzi dell’elettricità e le associazioni ambientaliste dovranno evitare di opporsi sistematicamente alla creazione di parchi eolici o centrali idroelettriche.

(Il Caffé della domenica, 26 settembre 2011)

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Prevenzione

Prevenire è meglio che curare!

Quando incontro dei bambini delle elementari constato con dispiacere come il problema del sovrappeso si sia amplificato rispetto a quando la loro età l’avevo io – e, parliamoci chiaro, non mi sembra sia passato un secolo. Un’evoluzione dovuta al fatto che, oggigiorno, le persone si muovono sempre meno, in quanto il progresso, oltre a delle indiscusse comodità, ha purtroppo generato anche un eccesso di sedentarietà: fra le mode poco sportive impossibile non citare il classico – ma purtroppo diffuso – esempio del trasporto casa-scuola che non si effettua più a piedi o in bicicletta, ma seduti in comodi e inquinanti SUV. Certo, utilizzare un veicolo elettrico o ibrido – come ho fatto io per la campagna elettorale – risolverebbe parzialmente il problema, se non fosse che quello del sovrappeso – in particolare tra i più giovani – è oggi un importante problema di salute pubblica che non va assolutamente sottovalutato viste le importanti ricadute in termini di malattie e, di conseguenza, di costi per il sistema sanitario. Un problema la cui risoluzione risiede non tanto in strane (e pericolose) cure dimagranti, ma piuttosto in un’accurata e sistematica prevenzione: dimagrire o semplicemente non ingrassare? Curare un cancro ai polmoni o non iniziare a fumare Disintossicarsi dall’alcool oppure non iniziare a bere se non con moderazione? Ecco alcune domande – certamente un po’ retoriche e provocatorie – che però illustrano quanto sia determinante la prevenzione: un tassello fondamentale del sistema sanitario, il quale non deve occuparsi solamente di curare le malattie, ma anche di prevenirle, comportando così non solo un miglioramento generale della qualità di vita, ma anche – fattore non di poco conto in un momento in cui la crescita dei costi della salute galoppa a 2 miliardi l’anno – un risparmio dal punto di vista economico.

Ben venga, quindi, la nuova Legge sulla prevenzione in discussione al Parlamento federale: finora la Confederazione non ha trattato il tema della prevenzione a 360 gradi perché la competenza è principalmente dei Cantoni, ma sono sempre più persuaso della necessità di una legge federale che coordini e strutturi le varie attività di prevenzione sul territorio nazionale. Una cosiddetta legge d’organizzazione che non intende definire programmi di prevenzione specifici, ma piuttosto assicurare una certa coerenza delle attività sul piano nazionale, migliorandone sia l’efficienza – evitando doppioni o azioni ininfluenti – sia il grado d’impatto sulla salute pubblica. Una legge che fornisce a queste attività non solo finanziamenti stabili e sicuri, ma soprattutto indirizzi e linee guida: importante in questo senso è lo strumento della definizione, ogni otto anni, di chiare strategie preventive concordate da Confederazione, Cantoni e organizzazioni private. La prevenzione, infatti, non s’improvvisa, ma si coltivata sul sapere esistente: proprio per questo un apposito organo nazionale di coordinamento, che già esiste (Fondazione Promozione Salute Svizzera), fungerà da centrale di gestione e trasmissione dell’informazione necessaria per avviare progetti di prevenzione.

Un maggiore coordinamento a livello nazionale è però necessario non solo per avere maggior impatto di fronte alle malattie degenerative (cardiovascolari), tumorali e metaboliche (soprattutto il diabete), ma anche per chiarire i flussi finanziari e per garantire ai cittadini un efficiente impiego dei loro mezzi finanziari: lo spendere bene i soldi dei cittadini è infatti un imperativo etico importante per noi liberali radicali e la prevenzione – unitamente a una razionalizzazione delle strutture ospedaliere – vi contribuisce.

Per dei cittadini sani e per delle finanze sane “prevenire è meglio che curare”, lo dicevano già i nostri nonni: la rivoluzione del buon senso!

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Aggregazioni sponda sinistra

L’aggregazione: uno strumento a favore della progettualità

(La Regione, 22.9.2011)

Nell’attuale dibattito sull’aggregazione dei Comuni della sponda sinistra della Maggia ci si sofferma spesso sulla questione della « progettualità », uno degli obiettivi della fusione secondo i favorevoli, elemento invece assente – a dire degli scettici e dei contrari all’unione dei sette enti locali – nel progetto di aggregazione elaborato dalla Commissione di studio.

Certo, sono ben coscio del fatto che la problematica delle aggregazioni comunali abbracci più aspetti, ma ciò che mi preme sottolineare è come l’aggregazione non sia un fine e men che meno la medicina immediata per tutte le difficoltà che riscontra il nostro comprensorio, ma piuttosto uno strumento al servizio degli enti pubblici e degli attori che determinano la vita politica della regione: uno strumento che, se concretizzato, può concorrere a creare maggiori e migliori premesse per lo sviluppo economico e sociale del Locarnese. Unirsi in un unico nuovo Comune, infatti, è un modo non solo per creare quell’architettura istituzionale affinché i progetti regionali – come la Casa del Cinema o il Centro congressuale – e le opere comuni – come il rifacimento di strade o la valorizzazione della Rivalago – possano concretizzarsi senza dover attendere i lunghi tempi che il coordinamento fra le varie autorità necessita, ma anche per concentrare razionalmente le risorse dotandosi della possibilità di procedere a investimenti che altrimenti non potrebbero esser eseguiti dai singoli Comuni, se non tramite eccessivi o improbabili indebitamenti.

L’aggregazione è inoltre uno strumento per dotare il Locarnese di una voce unica e soprattutto autorevole, affinché questa venga ascoltata e rispettata non solo dalle altre regioni, ma anche dalle autorità cantonali e federali. Oggigiorno, il Cantone o la Confederazione possono rivolgersi rapidamente ed efficacemente alle nuove città di Lugano e Mendrisio, le quali dimostrano di avere una notevole forza contrattuale: cosa che, purtroppo, per il Locarnese non avviene. Il risultato è semplice: rimanere frammentati significa privarsi della possibilità di imporsi quando si tratta di difendere gli interessi della propria regione o di conquistare opportunità utili allo sviluppo regionale.

Come detto le idee nel Locarnese non mancano, si possono anzi ritrovare nel progetto di aggregazione, nel piano d’agglomerato e nello studio strategico, nei quali figurano fondamentali spunti e visioni per lo sviluppo della nostra regione: tocca ora ai cittadini dotarsi di un utile strumento che ne possa favorire e
incoraggiare la realizzazione.

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Mobilità sostenibile – Risparmio energetico

Martedì sera all’interno del salone della Concessionaria Toyota e Seat Auto Storelli di Ascona si è tenuta una presentazione sulla mobilità sostenibile allo scopo di informare i politici di domani sugli sviluppi delle eco-tecnologie legate alla mobilità e sugli aspetti politici che ne conseguono. Sebbene nella platea figurassero il Gran Consigliere Stefano Steiger e diversi giovani Consiglieri comunali della regione, la serata era dedicata soprattutto ai giovani candidati di tutti i partiti alle prossime elezioni federali, fra i quali erano presenti Nicola Pini (PLRT), Denise Maranesi (PS), Simone Ghisla (PPD) e Lara Filippini (UDC).

La serata è stata aperta dal direttore dell’Auto Storelli, signor Werner Sigrist, che dopo aver porto un caloroso benvenuto e ricordato una breve storia della concessionaria ha provveduto alla presentazione dei tre conferenzieri. Successivamente ha preso la parola l’ingegner Giacomo Albisetti della Protoscar di Rovio che ha illustrato il funzionamento e la fattibilità del veicolo a propulsione completamente elettrica. In un secondo tempo l’ingegner Raffaele Domeniconi, direttore della Infovel, fondazione attiva nella promozione della mobilità ecosostenibile, ha avuto modo di esporre l’operato e gli attuali obiettivi del suo team, sensibilizzando i giovani politici sulle misure attualmente in vigore e su quelle che potrebbero essere introdotte in futuro per migliorare la sostenibilità della mobilità privata. In conclusione ha parlato il delegato di Toyota Svizzera, Signor Martin Marthe che non solo ha evidenziando l’operato dell’azienda per la quale lavora, leader nel settore della mobilità ibrida idrocarburi-elettrica, ma ha invitato a visionare e testare – prima assoluta in Ticino – la praticità e la concretezza dei due veicoli ibridi modello Prius Plug-in di Toyota presenti all’esterno dell’edificio, messi gentilmente a disposizione per delle prove su strada. Era altresì possibile prendere posto all’interno della scocca futuristica della sportiva a propulsione totalmente elettrica creata dalla Protoscar, anch’essa a presente nel parcheggio esterno.

Commento Nicola Pini: “Una serata interessante perché molto si può ancora fare nel campo dell’efficienza energetica nel settore della mobilità: certo potenziando e migliorando l’offerta dei trasporti pubblici dove possibile, ma anche ottimizzando l’efficienza della mobilità privata, non solo investendo nell’innovazione (politica tecnologica), ma anche applicando rigidi standard minimi (i veicoli nuovi devono rispettare la norma di 130g di CO2 al chilometro) e rendendo sempre più attrattivi i mezzi ecologici. Come? Un’idea interessante è sortita dalla serata e diversi Consiglieri comunali ne hanno preso nota: riservare dei parcheggi – possibilmente in zone strategiche – a veicoli poco inquinanti“.

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11 settembre

Il dovere della memoria

Passeggiando per le strade ticinesi in questi giorni mi è più volte capitato di udire – per poi ritrovarli nero su bianco nelle Lettere dei lettori reperibili sui quotidiani locali – commenti negativi relativi al decimo anniversario dell’11 settembre. È purtroppo vero che sia la storia recente sia la cronaca contemporanea presentano svariati e toccanti esempi di tragedie, spesso con molti più morti dei 2996 del 9/11: ma è davvero di questo che stiamo parlando? Il punto è davvero un’assurda bilancia in cui dolore, frustrazione, voglia di ricordare – e non dimenticare – vengono più o meno legittimate in base alla quantificazione o all’enumerazione delle tragedie che ci circondano?

Certo, molto si è scritto sull’undici settembre: inserti ed approfondimenti sicuramente più toccanti e rivelatori di questo. Ma prima di parlare di overdose informativa (in breve, il classico “se ne è parlato troppo”), prima di paragonare calamità e tragedie cercando un senso ad alcune e sminuendone altre in base a criteri discutibili – come il numero di morti – occorre forse pensare alla funzione del semplice ricordare e non dimenticare. “Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla” mi ha insegnato un caro amico: lo sapeva anche Primo Levi che, dopo aver passato gran parte della sua esistenza a scrivere e raccontare la sua drammatica esperienza nel campo di concentramento di Auschwitz, negli anni Ottanta si è suicidato perché non sopportava l’idea che le nuove generazioni poco o nulla sapevano di quanto operato dai nazisti.

Credo dunque occorra non solo sopportare, ma addirittura ascoltare le parole di chi quel giorno si trovava in zona a vendere hot dog e non è morto; di chi oggi ha 10 anni ed era a chilometri di distanza, nell’utero di una donna che sarebbe presto diventata vedova; di chi, pur essendo una casalinga ticinese lontana decine di ore di volo da Ground Zero, tra lo stirare una camicia e l’altra si è ritrovata a piangere senza sapere bene il perché, sicuramente non per la morte di figli suoi.

L’ha detto Noam Chomsky, assai più autorevole e coinvolto di me: sono l’enormità e le proporzioni della violenza gratuita perpetrata da uomini su altri uomini ignari a rendere l’undici settembre certo non più grave di tante altre date, ma quantomeno non classificabile dal numero dei nomi scritti sul memoriale. E soprattutto, una data degna di memoria: perché, che se ne dica, l’intolleranza e la violenza cieca vanno condannate sempre e comunque, senza possibilità di attenuanti numeriche e ideologiche, senza scusanti né giustificazioni.

Perfino gli Stati Uniti d’America sembrano aver tratto benefici dalla commemorazione, dal ricordo. Barack Obama, ieri, accompagnato non solo da Michelle ma anche da colui che lo precedette nel ruolo di Presidente, ha affermato che “There should be no doubt: today America is stronger” (Non c’è alcun dubbio: oggi l’America è più forte): nel mezzo di una crisi economica di proporzioni mai viste, con un Parlamento che non riesce a smettere di litigare e un tasso di disoccupazione alle stelle (altro che il nostro 5%!), Obama ha osato dire che l’America sta meglio rispetto a 10 anni fa. Nelle parole di Obama io non leggo pazzia o farneticazione, leggo piuttosto determinazione e tenacia, quella di JFK e di Luther King, quella di Roosevelt che, dopo Pearl Harbor, si alzò decrepito dalla sedia a rotelle trascinando con sé una nazione intera; forse anche quella del “Yes, We can” – SI PUÒ FARE! – che ad Obama portò onori ed oneri. E in questo senso è forse vero che l’America oggi è più forte, non tanto perché più unita (vedremo fino a quando…), ma soprattutto perché più aperta perché consapevole della sua vulnerabilità, della sua fallibilità e dei suoi limiti.

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Energia

L’acqua che scorre tra le dita

Si è parlato molto di questioni energetiche in Ticino da due anni a questa parte, ma tra le polemiche su AET, amplificate ad arte dalla Lega, e l’altrettanto opulento populismo verde in merito ad esempio alla questione della centrale di Lünen, abbiamo forse perso di vista la risorsa principale di cui disponiamo nel nostro Cantone: l’acqua. Sfruttata in passato soprattutto dalle Partnerwerke d’oltralpe e purtroppo solo in minima parte dalla nostra azienda elettrica cantonale, la forza idrica è il vero oro di cui disponiamo: quante montagne, quanti fiumi, quanti bacini caratterizzano il nostro Ticino. Spesso ci si dimentica, infatti, che si tratta di una parte consistente e determinante del nostro patrimonio, della nostra vera ricchezza, di certo più concreta e meno volatile rispetto a certi prodotti finanziari. Forse ancora una volta, come ticinesi, abbiamo dato prova di poca saggezza affrontando tematiche energetiche soltanto per partito preso, o meglio, per alimentare una logica di partito volta esclusivamente ad arraffare consensi, senza realmente proporre delle soluzioni ragionevolmente applicabili.

Ci si perde spesso in discussioni estenuanti su vettori energetici come il solare o l’eolico, quando è palese a tutti ormai che queste fonti, sebbene vadano fortemente incoraggiate, sostenute e aumentate, non possono per ora assumere un ruolo determinante per l’approvvigionamento energetico del nostro Cantone. Non abbiamo il vento del nord o il sole del sud – tant’è vero che persino i verdi sembrano progressivamente orientarsi verso il risparmio energetico, di certo più solido, ma che ancora non rappresenta la panacea a tutti i problemi, sebbene possa contribuire a risolverli – ma abbiamo l’acqua. E se consideriamo il potenziale energetico della risorsa idrica, ci accorgiamo di quanto lo stesso sia già oggi enorme: ecco perché sono convinto che il primo obiettivo da raggiungere a medio termine sia quello di recuperare lo sfruttamento delle acque ticinesi a suo tempo concesso alle forze produttrici della Svizzera interna, garantendoci così la sicurezza dell’approvvigionamento energetico del futuro – per di più da fonte rinnovabile – e attingendo a piene mani a quella ricchezza per ora solo idrica, ma che potrà presto tramutarsi in risorsa finanziaria vera e propria da porre a vantaggio del nostro territorio.

Per fare ciò occorre però una strategia solida e condivisa, contestualizzata nella realtà odierna, caratterizzata dalla scarsità di energia e dalla conseguente preziosità soprattutto dell’energia di punta. Energia di punta di cui potremmo disporre in misura ancora maggiore qualora avessimo il coraggio di investire in progetti di pompaggio fondamentali anche per poter sfruttare al meglio le catene di produzione idroelettriche già esistenti. Si dice che la Svizzera è la batteria d’Europa: ebbene, occorre precisare che sono i Cantoni montani della Svizzera ad essere la batteria d’Europa, e di questi Cantoni il Ticino fa parte a pieno titolo!

Ma le polemiche sulle questioni energetiche proseguiranno ancora, purtroppo, con le “nuove” forze politiche che modellano le loro argomentazioni non certo per valorizzare le potenzialità dell’acqua, ma piuttosto per tirarla “al proprio mulino”, chi accondiscendendo ai desideri delle grosse ditte produttrici d’oltralpe, chi cavalcando argomentazioni di pancia, ignorando ogni barlume di lungimiranza pur di guadagnare consensi e seggi. Forse, quando ci si accorgerà di ciò che avremo perso, troppa acqua sarà scorsa sotto i ponti e sarà troppo tardi: peccato davvero!

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Formazione – Cultura

Apriamo le biblioteche!

(pubblicato su La Regione, 1 settembre 2011)

Anche se l’occasione è ghiotta per tornare per qualche settimana in Ticino a incontrare gli “amici di sempre”, per gli studenti universitari il periodo estivo non combacia necessariamente con quello delle vacanze, non solo per le variabili meteorologiche che – esclusi gli ultimi giorni! – quest’anno hanno parzialmente gelato i bollori estivi dei ticinesi, ma anche perché la maggior parte di loro deve lavorare alla tesi o più generalmente preparare la sessione di esami di settembre, che la riforma di Bologna ha anticipato di qualche settimana. Per loro – ma anche per i docenti, che possono utilizzare il periodo estivo per il necessario aggiornamento o approfondimento – risulta indispensabile avere a disposizione uno spazio di ricerca e di lavoro adeguato, quali sono evidentemente le biblioteche cantonali. Discorso analogo per appassionati di lettura e di attualità, i quali possono fortunatamente usufruire nelle varie sale di lettura di complete e interessanti opere di consultazione, siano esse libri, riviste o giornali.

Attualmente, però, gli orari di apertura delle biblioteche presentano qualche falla: se il fatto che di domenica nessun istituto bibliotecario sia aperto può essere comprensibile (anche se, forse…), risulta sicuramente più sconveniente che altrettanto avvenga il sabato pomeriggio (è il caso di Bellinzona e Locarno), il lunedì – San lavurin! – tutto il giorno a Locarno, quasi tutto il giorno a Bellinzona (la cui apertura è limitata alla sera, tra le 17.00 e le 21.00) e il mattino (come anche il martedì) a Mendrisio. Certo, la Biblioteca cantonale di Lugano è accessibile sia al sabato che al lunedì, ma la trasferta non è sempre la soluzione ottimale. Scomoda e interminabile – 12.30-14.30 – è inoltre la pausa alla quale obbliga la biblioteca di Locarno: se d’estate una passeggiata o un tuffo permettono di ricaricare il serbatoio, cosa fare nei gelidi inverni locarnesi?

Certo, non si tratta di un problema paragonabile all’esplosione dei costi della salute, ma perché non pensare a una leggera estensione degli orari di apertura delle biblioteche cantonali – eventualmente anche mantenendo chiuso il servizio prestiti – in modo da migliorare sensibilmente l’offerta culturale permettendo un accesso continuo a esigenze di cultura generale, d’informazione, di luogo dedicato allo studio e – perché no? – creando qualche posto di stage per giovani studenti delle scuole medie superiori e fornendo un ulteriore prezioso luogo d’incontro per i giovani?

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Scuola

Docenti motivati = scuola di qualità!

Oggi per moltissimi giovani è stato il primo giorno di scuola, il famoso primo lunedì: dalla scuola dell’infanzia al liceo, si tratta di un nuovo percorso, un nuovo viaggio in cui prende forma un rapporto stretto fra allievo e docente che va ben oltre la mera trasmissione del sapere. Se il ruolo dell’allievo vagamente lo conosciamo – tutti noi siamo stati a scuola – è più difficile immaginarsi quello del docente, anche perché si sente di tutto e di più sulla categoria, nel bene come nel male. Ascoltando i miei ex-colleghi di studi ora impegnati nell’insegnamento, però, deduco che sia un ruolo tutt’altro che scontato. Oggettivamente, gli oneri aumentano – sempre maggiori compiti e allungamento degli studi – mentre gli onori sprofondano: se un tempo ul sciur maestro era una sorta di istituzione vivente – il suo parere era autorevole e la saltuaria ramanzina era accompagnata da quella dei genitori – oggi sembra quasi che i docenti non solo siano tutti dei perfetti lazzaroni (fuchi, dice qualcuno), ma non possano nemmeno riprendere alcuni allievi senza scatenare l’ira dei genitori.

E se, come credo, una scuola di qualità è diretta conseguenza di un parco docenti motivato e di qualità, appare fondamentale sostenere, motivare e valorizzare tale categoria professionale. Come? Per alcuni tramite un aumento dei salari. Forse. Forse però anche attraverso lo scarico – tramite un accresciuto peso e ruolo delle direzioni – delle funzioni burocratiche e non legate all’insegnamento della materia, come anche all’introduzione di una cultura della formazione continua – magari tramite corsi organizzati dai docenti stessi e con riconoscimento finanziario o in termini di carriera per i partecipanti – o alla facilitazione di attività parallele di ricerca o divulgazione, le quali permetterebbe forse di accrescerne l’autorevolezza all’interno della società.

Il mio auspicio è infatti che i docenti riacquistino quel rispetto che meritano e che questi si dedichino anima e corpo al bene di ogni singolo giovane, trasmettendo l’importanza della corretta ortografia così come il rispetto per ogni compagno, insegnando i corretti calcoli da compiere e i valori che caratterizzano il nostro territorio: investiamo con intelligenza nell’intelligenza!

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