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Con il PAC per la Locarno del futuro

Sebbene materia tecnica complessa, la pianificazione del territorio è fuor di dubbio fra gli atti più politici che vi siano: le decisioni prese influenzano infatti non solo lo sviluppo urbanistico e territoriale, ma anche quello sociale ed economico, costituendo un prezioso momento per la discussione e l’impostazione del futuro di un Paese. Proprio per questo come Municipio – e con l’appoggio convinto del Consiglio Comunale – abbiamo voluto impostare un Programma di azione comunale per lo sviluppo centripeto di qualità (PAC) che andasse oltre al mero compito sancito dalla Scheda R6 del Piano Direttore Cantonale, cogliendo l’occasione per coinvolgere due attori fondamentali:

  • i cittadini, tramite un processo partecipativo, con tanto di sondaggio (italiano e tedesco), serate pubbliche in collaborazione con le associazioni di quartiere e una mattinata con una classe di Liceo;
  • e i professionisti, attraverso la procedura del mandato di studi in parallelo, che prevede il confronto con tre studi interdisciplinari (selezioni sulla base di un concorso pubblico). Gruppi che interagiscono con un collegio di esperti composto da altri professionisti e da una delegazione del Municipio.

L’obiettivo è quello di discutere e poi definire una visione condivisa della Locarno del 2040. Al termine dei lavori – ormai avviati – avremo sul tavolo modifiche pianificatorie, misure socioeconomiche e progetti urbanistici e architettonici per raggiungere tale visione. Mai come oggi stiamo quindi per disegnare il territorio e la società di domani: una grande opportunità, ma anche una grande responsabilità!  

Cosa è il PAC

Il Messaggio Municipale

Info sul processo partecipativo: sondaggio + serate nei quartieri + mattinata al Liceo

Il processo di mandati di studio in parallelo, in cui tre gruppi interdisciplinari si confrontano sul futuro di Locarno

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Il rilancio socio-economico di Locarno

Scattare una fotografia di Locarno per poi non solo identificare i settori strategici per lo sviluppo sociale, economico e territoriale, ma soprattutto proporre possibili misure per cercare di muoversi, insieme, in quella direzione. Passo dopo passo, nei limiti spesso stretti di una politica economica comunale. Questo il primo obiettivo della Commissione Municipale Economia, concretizzato in questo Rapporto di indirizzo. Dall’analisi emerge una Città con luci e ombre, come spesso accade. Emergono sfide e soprattutto opportunità che dovremo essere bravi a cogliere, puntando sulla valorizzazione del territorio e dello spazio pubblico, su una politica demografica attiva e naturalmente sulla salvaguardia e la creazione di attività, offerte e posti di lavoro nel commercio, nel turismo, nel settore artigianale e industriale, ma anche nella cultura e in particolare dell’audiovisivo. Sostenendo ciò che c’è e funziona, ma senza paura di innovare e guardare al futuro per una Città in cui sia bello vivere e facile lavorare.

Scarica il Rapporto di indirizzo della Commissione municipale economia


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Non ostacoliamo il verde urbano

INIZIATIVA PARLAMENTARE presentata nella forma generica da Nicola Pini e cofirmatari per la modifica degli articoli 137 – 140 e 155 – 160 della Legge di applicazione e complemento del Codice civile svizzero (LAC) per il necessario aggiornamento delle norme su distanze a confine di piantagioni e siepi

L’attuale regolamentazione concernente piantagioni e siepi, giusta le norme di vicinato di diritto cantonale (art. 137 – 140 e 155 – 160 LAC), mostra il segno dei tempi che passano.

Chi si occupa di progettazione e realizzazione di parchi, giardini ed impianti sportivi, si confronta infatti giornalmente con una certa inadeguatezza di queste norme di legge su misure e distanze a confine, ormai centenarie e superate, in quanto legate a un’organizzazione territoriale improntata su un modello di società rurale ben lontana dalla realtà odierna. Tanto che le nuove piantagioni non vengono sempre messe a dimora in rispetto della LAC, che peraltro non tiene conto delle dimensioni sempre più ridotte dei terreni adibiti a spazi verdi attorno le case, né dell’aumento di generi e specie di piante da usare, con dimensioni e caratteristiche molto diverse da quelle elencate nella legge.

A titolo di esempio si possono citare l’obbligo per un proprietario di un fondo a confine con strade cantonali o “con altre vie che mettono a pubblico pascolo” di “fare la cinta di muro, o di siepe viva o morta, dell’altezza non minore di un metro, ed a conservarla in modo che non possa penetrarvi bestiame”; o il fatto che la siepe viva non possa elevarsi a più di 1 metro e 25 dalla superficie di terreno più alta (rispetto a muri di cinta dell’altezza di due metri e mezzo direttamente a confine). O ancora il fatto che non è permesso piantare o lasciar crescere alberi di alto fusto se non a distanza di 8 metri da abitazioni, orti e giardini, mentre gli alberi da frutta e le piante ornamentali alla distanza di 4 metri.

Norme desuete che penalizzano il verde urbano e suburbano e – visto che l’ordinamento pianificatorio prevale sulla LAC (cfr. articoli 143 e 168 LAC) – sono peraltro già superate anche da diversi Piani regolatori.

A decenni da una revisione della legge e a oltre un secolo dalla definizione delle citate norme – gli articoli 137-140 e 155-160 della LAC non sono mai stati oggetto di alcuna modifica dalla loro entrata in vigore nel 1911 – vi è da chiedersi se una revisione critica delle stesse non sia necessaria, anche a fronte dei nuovi indirizzi pianificatori, con lo sviluppo centripeto, la rivisitazione del concetto urbanistico e di qualità urbana, così come la volontà di combattere le isole di calore, di incentivare l’energia solare e di favorire la permeabilità dei piani terra. Si invita pertanto il Consiglio di Stato ad analizzare la situazione – con il coinvolgimento dei Comuni e dei professionisti del settore, sia a livello di progettazione che di realizzazione, con le rispettive associazioni di categoria – e operare i dovuti aggiornamenti e le opportune modifiche legislative agli articoli 137 – 140 e 155 – 160 della Legge di applicazione e complemento del Codice civile svizzero (LAC), in modo da adeguarli ai moderni indirizzi pianificatori e urbanistici.

Nicola Pini (PLR) – Bruno Buzzini (Lega) – Giorgio Fonio (Centro) – Fabrizio Garbani-Nerini (PS) – Daniele Pinoja (UDC) – Samantha Bourguoin (Verdi)

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Bellinzona: riunione commissione della gestione

La storia infinita del collegamento A2-A13 del Locarnese: nuovi ritardi all’orizzonte?

Nuova e probabilmente non piacevole puntata concernente il tanto atteso, auspicato e necessario collegamento veloce per il Locarnese. Negli scorsi giorni l’Ufficio delle strade nazionali (USTRA) ha infatti pubblicato sulla piattaforma svizzera per i concorsi (SIMAP) un concorso per prestazioni in ingegneria relativo al progetto generale del citato collegamento; progetto generale che ricordiamo è già stato commissionato, finanziato e inviato alla Confederazione dal Cantone nel febbraio del 2019. In sostanza, il bando di concorso pubblicato lascia intendere che il progetto generale inviato loro debba essere ripreso, verificato e adeguato alla legge sulle strade nazionali:

2.2 Titolo dell’avviso di gara

N13 Nuovo collegamento Locarno – Bellinzona, adeguamento Progetto Generale (PG), concorso per prestazioni multidisciplinari (ingegneria civile, ambientale e traffico)

(…)

2.6 Descrizione dettagliata dei compiti

Oggetto del presente appalto sono le prestazioni di ripresa, la verifica e l’adeguamento del Progetto Generale

(denominazione secondo art. 10 OSN) del PG 2019 elaborato dallo Stato del Canton Ticino, così come

l’accompagnamento tecnico del Committente fino alla sua approvazione da parte del Consiglio federale.

In particolare si tratta di integrare nel PG 2019 le esigenze derivanti dalla LSN.

Per la fase di adeguamento del PG 2019 è previsto un budget di 25’000 ore, per la fase di accompagnamento è

previsto un budget supplementare di 5’000 ore”.

(…)

2.8 Durata del contratto d’appalto, dell’accordo quadro o del sistema dinamico di acquisizione

Inizio: 01.01.2020, Fino: 31.12.2021”.

Sembrerebbe quindi che il progetto presentato dal Cantone, denominato “Bozza verde”, sebbene condiviso politicamente necessiti di ulteriori approfondimenti e modifiche per renderlo compatibile a esigenze e direttive dell’Ufficio federale delle strade (USTRA), e questo verosimilmente con un’ulteriore dilatazione dei tempi di realizzazione dell’opera (tempo di aggiornamento dello studio almeno 2 anni, da sommarsi ai 3 anni già passati – come da programma – per la realizzazione del progetto generale). Tempo prezioso per il Locarnese e per il Cantone tutto; e questo anche per il fatto che fra le motivazioni della decisione del Cantone di anticipare il finanziamento del piano generale dell’opera (costo CHF 9’600’000) vi era quella di trovarsi pronti e ben piazzati al momento della decisione dei progetti prioritari da parte di Consiglio e Assemblea federale.

In breve: per i prossimi due anni si procederà all’adeguamento del progetto generale, in seguito vi sarà l’approvazione del Consiglio Federale, che richiederà circa un anno (fine 2022); seguirà la fase di progetto definitivo, ipotizzabile in un anno e mezzo, che ci porterà a metà 2024; aggiungendo ancora uno/due anni per la fase di appalti e – se teniamo per buoni i tempi di realizzazione indicati sul sito del Cantone – 8 anni per la costruzione, sarà difficile inaugurare la nuova infrastruttura – se tutto va bene – prima del 2033/34.

Fatte queste premesse, i sottoscritti Deputati – già relatori per la Commissione gestione e finanze del messaggio numero 7135 concernente la concessione di un credito di CHF 9’600’000.- per l’allestimento del piano generale del collegamento stradale A2-A13 – formulano al lodevole Consiglio di Stato le seguenti domande.

  • Come procede l’iter del progetto elaborato dal Cantone? L’obiettivo di essere pronti al momento delle decisioni di finanziamento a livello federale resta valido a mente del Consiglio di Stato?
  • Il Consiglio di Stato è a conoscenza della pubblicazione di questo bando di concorso da parte di USTRA e della necessità di rielaborare il progetto generale elaborato su mandato del Cantone? Se sì, quando e come ne è stato informato?
  • Il progetto non è stato allestito – come invece precisato nel messaggio governativo sul credito di progettazione (cfr. messaggio numero 7135) – secondo “la Legge federale sulle strade nazionali”? Quali sono gli elementi da “riprendere, verificare e adeguare alla legge sulle strade nazionali”? In che modo è stata coinvolta USTRA nella realizzazione del progetto sin qui elaborato?
  • Come si spiega la necessità di dover adeguare il progetto inviato a Berna, che era stato considerato positivamente dall’autorità cantonale e con il dichiarato coinvolgimento di USTRA?
  • Come valuta il Consiglio di Stato questo probabile ritardo e, più in generale, le tempistiche – verosimilmente ancor più diltate di quanto previsto – e le probabilità di realizzazione del tanto atteso collegamento veloce A2-A13?
  • In attesa dell’auspicato e necessario collegamento veloce, Il Consiglio di Stato si è interessato o intende interessarsi con USTRA per capire se la Confederazione interverrà per migliorare la situazione (drammatica) del traffico sul Piano di Magadino?

Nicola Pini e Fiorenzo Dadò (interrogazione parlamentare del 4 agosto 2019)

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It's a grainy black and white picture that you might have seen before, 13 men sitting on a steel beam, eating lunch with their legs dangling above a 1930's New York skyline at a stomach churning height.   And until recently, the famous picture, sometimes referred to as the "Men on the Beam" picture, was shrouded in a mystery of sorts -- the name of the photographer was never known, or often misattributed. It turns out that a photographer with a colorful past as an one-time actor, auto racer, wrestler, hunter, fisherman and pilot by the name of Charles Ebbets shot the picture in 1932 after he was hired to chronicle the Rockefeller Center's construction during the Depression era.    REUTERS/Bettman/CORBIS

Nascita e sviluppo della legislazione sul lavoro

Il periodo natalizio permette, fortunatamente, di consacrare qualche ora in più alle proprie passioni: mi sono così tuffato nella stimolante ricerca storica di Vanessa Bignasca, “La legislazione sul lavoro in Ticino tra eccezioni e resistenze (1877-1914)”, edita dalla Fondazione Pellegrini Canevascini.

Una regolamentazione, quella del mercato del lavoro, che partì dalla preoccupazione dello sfruttamento del lavoro infantile che, prima dell’approvazione a livello nazionale della Legge federale sulle fabbriche nel 1877, smosse singoli Cantoni, a cominciare da Zurigo nel 1815, in questa direzione. Il Ticino se ne occuperà con oltre mezzo secolo di ritardo, in particolare grazie a due Deputati liberali radicali del Mendrisiotto, Giuseppe Gobbi e Francesco Botta, che il 22 aprile 1873 depositarono una mozione – poi accolta all’unanimità dal Gran Consiglio – per regolamentare il lavoro dei fanciulli nelle fabbriche, con particolare attenzione per l’età e la durata del lavoro. L’applicazione – che ebbe solo un debole eco sui giornali e cadde miseramente già nel 1875 – stabilì un massimo di 12 ore lavorative al giorno per l’insieme dei lavoratori nelle fabbriche e affibbiò dei compiti di vigilanza sulla salubrità degli stabilimenti industriali alle autorità locali e distrettuali. Inoltre, il Cantone vietò il rilascio del passaporto per l’emigrazione lavorativa ai ragazzi di età inferiore a 14 anni, soglia diminuita a 12 anni per decisione del Gran Consiglio.

Ad ogni modo, l’interessante e approfondita ricerca storica di Vanessa Bignasca indaga non solo gli antefatti e l’inizio della regolamentazione del lavoro a livello nazionale – anche a seguito del consolidamento delle competenze federali scaturite dalla revisione della Costituzione del 1874 – ma anche la definizione del Regolamento cantonale d’applicazione dell’insieme della legislazione federale sul lavoro nel 1888, la nascita nel 1902 della Camera del lavoro e, infine, la revisione della legge federale, avvenuta nel 1914 ma applicata solo dopo la fine della Grande Guerra. Oltre a farci incontrare anche diversi attori liberali radicali attivi in questo senso – come ad esempio le società operaie liberali, il Deputato Brenno Bertoni, autore a inizio Novecento di un progetto di legge cantonale sul lavoro che non ha poi avuto buon esito per diverse ragioni, e il Consigliere di Stato Giovanni Rossi, che introdusse le ispezioni in fabbrica da parte di un funzionario cantonale (nell’occorrenza il suo segretario) – lo studio ci permette da un lato di seguire l’evoluzione delle normative sul lavoro, dei settori progressivamente coinvolti e delle relative modalità d’applicazione e, dall’altro, di approfondire la percezione di tali legge, come anche le resistenze attive e passive a tali disposizioni.

E qui, viene da commentare, la situazione sembra essere radicalmente cambiata. Se nel periodo indagato si può constatare una certa difficoltà e ritrosia a regolamentare e controllare rispetto ad altre realtà svizzere, oggi il Ticino si caratterizza per una regolamentazione e un sistema di controlli fra i più all’avanguardia a livello nazionale: basti ricordare che oggi, in Ticino, sono stati definiti la quasi totalità dei Contratti normali di lavoro decretati in Svizzera e che, sempre alle nostre latitudini, il 25% dei datori di lavoro viene controllato annualmente, a fronte di una media svizzera del 5%. Qualcosa si è mosso dunque!

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futuro-economico

Ticino 4.0 – Credere nel futuro

Finite le rendite di posizione in ambito finanziario e turistico, il Ticino deve puntare con coraggio verso nuovi lavori e nuove forme di lavoro, senza perdersi in sterili battaglie di retroguardia. In questo senso vi sono a mio avviso due vie, apparentemente contrapposte ma in realtà complementari: da un lato un ritorno alla terra, all’artigianato, al recupero dei saperi e dei sapori anche tradizionali, alla valorizzazione del territorio e dei suoi prodotti; dall’altro un abbraccio – determinato ma non incondizionato – del progresso tecnologico, il quale offre parecchie opportunità (e invero anche qualche insidia). Pensiamo a internet veloce su tutto il territorio cantonale, che permetterà alle regioni periferiche di puntare – oltre che su turismo e prodotti del territorio – anche sull’insediamento di nuove attività economiche o di nuovi abitanti. Pensiamo anche all’Industria 4.0: dopo la meccanizzazione a cavallo tra Settecento e Ottocento, l’elettrificazione di fine Ottocento e l’informatizzazione e l’automazione del Novecento, la quarta rivoluzione industriale si appresterà a sconvolgere nuovamente l’organizzazione del lavoro, attraverso la digitalizzazione e la messa in rete delle macchine, con la creazione di fabbriche “intelligenti” composte da apparecchiature interconnesse. Il processo è già in atto – qualche esempio esiste già in Ticino – e inarrestabile, inutile opporvisi, sarebbe come voler fermare il vento con le mani. Meglio sarebbe anticiparne rischi e opportunità. Probabilmente si perderanno posti di lavoro manuali, in parte (quanto?) compensati dalla creazione di professioni nella progettazione, nella manutenzione e nella gestione tecnica dei nuovi sistemi. Altre professionalità andranno invece sviluppate, immaginate, inventate. La storia è maestra e ci insegna: la tecnologia non rimpiazza l’uomo, ne cambia il ruolo, nella società come nel lavoro. Quindi pensiamoci e prepariamoci: valorizziamo le potenzialità del nostro territorio grazie agli strumenti e ai fondi della politica economica regionale (40 milioni) votati lo scorso dicembre dal Gran Consiglio; rivitalizziamo gli edifici dismessi per insediarvi nuove attività economiche, dalle start up alle attività artigianali o culturali (sempre più con la cultura si mangia e si vive); investiamo per ritagliarci un posto nel mondo nel filone della protezione dei dati (big data), nuovo e più etico segreto bancario; miglioriamo la cultura dell’accoglienza e l’offerta turistica; regolamentiamo il telelavoro; puntiamo sulle formazioni tecniche senza però dimenticare le scienze umane che dovranno dare gli strumenti – anche critici – per la gestione del rapporto tra uomo e tecnologia; sviluppiamo la formazione continua, perché in un mondo in rapida evoluzione il posto fisso non esiste più. E soprattutto crediamoci, in noi stessi e nel futuro.

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edifici dismessi

Mozione – Rivitalizziamo gli edifici dismessi

Il rapporto Edifici industriali – Rilievo, analisi e valutazione del potenziale di riconversione degli edifici industriali dismessi in Ticino (Accademia dell’architettura di Mendrisio, 2007) ha identificato 1’120 edifici industriali potenzialmente dismessi, pari al 30.4% degli stabili industriali rilevati, per un totale di 804’591 mq che, precisa lo studio, equivalgono ai mq edificati della città di Bellinzona. Di questi, la metà ha una comoda accessibilità ferroviaria, mentre un terzo un’altrettanto agile accessibilità autostradale. Lo studio quantifica infine un importante potenziale di riconversione, stimato a 6’705 abitazioni, 32’183 postazioni di lavoro, 78’000 alloggi, una produzione di energia solare per 50’000 MWh/anno. Il potenziale non è poco e non può che interessare l’ente pubblico, e questo indipendentemente dall’estensione dei singoli edifici dismessi. Prima di pensare a nuove costruzioni, infatti, sarebbe meglio pensare a come riutilizzare bene quello che di costruito c’è già. Ne avremo benefici economici (recupero e rilancio degli edifici dismessi con nuove destinazioni, attività e insediamenti), territoriali (estetica, protezione e razionalizzazione del territorio) e forse anche sociali e culturali, a dipendenza dell’uso che se ne farà. Oltre Gottardo vi sono peraltro già ottimi esempi: vecchi stabilimenti industriali che sono diventati non solo nuove aziende, ma anche appartamenti, teatri, ristoranti, perfino scuole. Anche in Ticino iniziano a svilupparsi i primi progetti, pensiamo ad esempio alla riconversione in loft, museo e luogo per eventi della fabbrica di cioccolato Cima Norma in Valle di Blenio.

Per rivitalizzare questi edifici si potrebbe ad esempio immaginare una sistematica attivazione del potenziale esistente coinvolgendo gli Enti regionali di sviluppo (che ben conoscono edifici, esigenze e progetti nel proprio comprensorio) modificando i contratti di prestazione e attingendo ai fondi di politica regionale – il Programma d’attuazione della politica economica regionale 2016-2019 del Cantone Ticino pare infatti aprire una porta in questo senso – per l’istituzione di un profilo a tempo determinato (2 o 4 anni) che vada sul terreno, d’intento con gli attori pubblici e privati interessati, per occuparsi attivamente di questi edifici dismessi (presa contatto, valutazione della situazione, predisposizione del dossier, accompagnamento al progetto di rivitalizzazione, messa in rete tra progetti ed edifici). Un modello al quale ispirarsi, ad esempio, potrebbe essere l’Hospitality manager recentemente istituito.

Visto che il terreno scarseggia sempre di più ed è sempre più caro, alcuni di questi insediamenti potrebbero poi finire nel catalogo dei terreni a disposizione di nuovi progetti. Sarebbe vantaggioso per tutti: per le aziende esistenti che vogliono ampliarsi o trasferirsi; per delle nuove aziende interessate ad insediarsi in Ticino; per cittadini che voglio lanciarsi in un progetto specifico; per gli attori privati e pubblici che non sanno cosa fare del proprio edificio e che vedono deteriorarsi la loro proprietà (si potrebbe in questo senso anche percepire una commissione dallo stesso proprietario in caso di vendita ad altri privati); per l’ente pubblico che vedrebbe risanare alcune situazioni penose contribuendo alla valorizzazione degli spazi pubblici.

Si potrebbe infine valutare l’introduzione di incentivi pianificatori per favorire il recupero di questi edifici.

I sottoscritti Deputati, convinti dell’importanza di rivitalizzare gli edifici dismessi disseminati sul territorio cantonale, chiedono dunque al Lodevole Consiglio di Stato di

  • aggiornare lo studio citato per identificate potenzialità di recupero e di sviluppo degli edifici dismessi presenti sul territorio cantonale;
  • adoperarsi affinché queste potenzialità vengano attivate attraverso gli attori più appropriati e i necessari strumenti, ad esempio il finanziamento tramite la politica economica regionale di un profilo che agisca sul terreno in collaborazione con tutti gli enti pubblici e privati interessati;
  • inserire questi terreni nel catalogo dei terreni a disposizione degli enti pubblici;
  • valutare la realizzazione di una piattaforma web virtuale e pubblica nella quale poter consultare il maggior numero di edifici dismessi e/o inutilizzati, con tanto di documentazione visiva degli edifici di maggior rilievo;
  • valutare la definizione di incentivi pianificatori per favorire il recupero di edifici dismessi.

Per il Gruppo PLR

Nicola Pini

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La formazione continua è vitale

In un mondo in continua evoluzione, il posto di lavoro fisso non esiste più. Delle persone attive in Svizzera nel 2012, oltre il 10% ha cambiato il posto di lavoro entro un anno. Diplomi e certificati, dopo 10 anni, sono spesso solo pezzi di carta. A questa evoluzione del mercato del lavoro occorre rispondere per tempo posizionando la formazione continua nelle priorità dell’agenda politica, incentivando fiscalmente la formazione da parte dei lavoratori, sensibilizzando i datori di lavoro sull’importanza e il ritorno anche per l’azienda di tali investimenti e, non da ultimo, strutturando un’offerta formativa di qualità, senza lacune né doppioni.

Segnali positivi fortunatamente non mancano e su questa strada occorre proseguire con decisione. Un plauso – sì, anche in campagna elettorale si può dire “bravi”, senza per forza sempre criticare – per la freschissima decisione di creare un Istituto della formazione continua che permetta di attivare le necessarie sinergie per incrementare sia la qualità che la quantità dell’offerta. Non sarebbe male se in futuro tale istituto potesse occuparsi anche di coordinare le varie attività private e associative, in modo da ampliare ancora di più l’offerta generale evitando sovrapposizioni.

Ma non basta: sono necessari anche degli incentivi fiscali. Dal 2016 chiunque sosterrà corsi di aggiornamento professionale o corsi di riqualifica (frequentando seminari, congressi, workshop, ecc.) dovrà poter dedurre tali costi per un massimo di 12mila franchi non solo dall’imposta federale diretta, ma anche dall’imposta cantonale: è questo il margine di manovra concesso dalla nuova legge federale sul trattamento fiscale delle spese di formazione e perfezionamento professionali che permetterà ai Cantoni, quindi anche al Ticino, di applicare tale deduzione. Si tratta di un’estensione importante delle deducibilità che incentiverà l’aggiornamento professionale.

Che la formazione continua stia diventando un tassello sempre più determinante a vari livelli, innestandosi su reti sempre più allargate e trasversali di cittadini, aziende, istituzioni ed enti formatori, è dimostrato anche dalla nuova legge federale sulla formazione continua, che dovrebbe essere realtà nel 2017. Sempre a livello federale sono inoltre da valutare delle modifiche del secondo pilastro volte a permettere di sopperire all’assenza di salario in caso di un periodo di aggiornamento professionale.

Tutto questo – e altro ancora, da inventare nei prossimi mesi – con la consapevolezza che la formazione continua è diventata una necessità fondamentale non solo per lavoratori e aziende, ma soprattutto per una realtà – come la nostra – che deve puntare sull’eccellenza. È questo, infatti, il miglior modo per combattere l’effetto sostitutivo di manodopera residente tanto temuto alle nostre latitudini: la competenza, non la chiusura!

Nicola Pini, vicepresidente PLR e candidato al Consiglio di Stato

Corriere del Ticino, giovedì 9 aprile 2015

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