Invisibili, ieri e oggi
Nel 1952, Ralph Ellison iniziò il suo unico romanzo con le parole “Io sono un uomo invisibile. No, non sono uno spettro come quelli che perseguitavano Edgar Allan Poe; non sono nemmeno uno dei vostri ectoplasmi nei film hollywoodiani. Io sono un uomo di sostanza, in carne e ossa, fibra e liquido – e può anche venir affermato che possiedo una mente. Vedi, io sono invisibile semplicemente perché le persone rifiutano di vedermi.”
L’agenzia di notizie AlertNet attraverso un inquietante articolo porta per qualche attimo l’attenzione sugli Invisibili di oggi, i cosiddetti sans-papiers, quelle persone che non hanno nazionalità, né diritti né futuro. Abitano il nostro stesso pianeta, ma sono privati di quelli che per noi sono diritti inalienabili: in un mondo di monete ballerine, processi glamour, carestie e attentati, quest’impressionante – sono oltre 15 milioni – porzione di umanità si barcamena nei centri rifugiati senza poter aprire un’attività, viaggiare, votare, appartenere…semplicemente essere. Non solo essi non costituiscono un problema prioritario, ma tecnicamente non esistono nemmeno: tutto questo, purtroppo, non nel 1952, anno in cui Ellison scrisse il suo romanzo, ma ancora oggi. Persone che, evidentemente, non possiamo far finta di non vedere: ben venga quindi l’iniziativa delle Nazioni Unite che, questo giovedì, lanceranno una campagna internazionale volta alla risoluzione di quella che sembra una formalità, ma in realtà non lo è affatto.
Un problema, quello dei sans-papiers, che non risparmia nemmeno la Svizzera: certo, non arriverei come propone qualcuno a sostenere la concessione collettiva e unica di un permesso di soggiorno per tutti, in quanto non si risolverebbe il problema (fra 10 anni un’altra concessione?) e soprattutto non si valuterebbero sufficientemente i singoli casi, ma occorre perlomeno dare la possibilità ai giovani che vivono in Svizzera senza nessuno statuto legale – si stima una cifra fra i 10’000 e i 20’000 – di poter frequentare un apprendistato professionale, in modo da favorire la loro integrazione e non la loro emarginazione. Persone che potrebbero così dare il proprio contributo all’economia nazionale, permettendo al contempo ingenti risparmi in altri settori quali la socialità o la giustizia.