Il telelavoro – inteso come il lavoro fornito regolarmente e in maniera organizzata da casa – è una risposta innovativa, razionale e lungimirante all’evoluzione della società. Sono infatti molti i vantaggi che, a medio termine, decollerebbero a partire da un cambio di mentalità e di organizzazione del tempo di lavoro:
- miglioramento della conciliabilità tra vita professionale e vita famigliare, con maggiori possibilità per donne e uomini di coniugare lavoro e famiglia con conseguente realizzazione personale;
- diminuzione di traffico e inquinamento, grazie a un abbattimento degli spostamenti per ragioni di lavoro (il 25% del totale) che in media ci rendono improduttivi per una quarantina di minuti al giorno e che uno studio dell’università svedese di Umeà identifica come sempre più causa di stress e divorzi;
- opportunità di sviluppo per le regioni periferiche, che diventerebbero maggiormente attrattive quali luoghi di residenza;
- diminuzione dei costi per aziende e Stato (trasporti, rimborsi spese, logistica, uffici) che il professore dell’Università di San Gallo Oliver Gassmann quantifica fino al 30% per ogni posto di lavoro. Basti pensare che negli Stati Uniti – dove una legge del 2010 obbliga l’amministrazione pubblica a proporre se possibile il telelavoro – l’Ufficio brevetti ha imposto il 40% delle ore attraverso tale modalità di lavoro, ottenendo un risparmio di oltre 4 milioni di dollari e una riduzione del 30% della superficie degli spazi di ufficio;
- benefici per i datori di lavoro grazie alla crescita della produttività, dell’efficienza e del rendimento dovuto a maggiori motivazione e concentrazione (secondo uno studio britannico due giorni di telelavoro porterebbero a un aumento della produttività sino al 20%); con diminuzione dell’assenteismo e beneficio di immagine per il datore di lavoro;
- miglioramento delle condizioni di lavoro e della qualità di vita per i dipendenti: miglioramento della salute e maggiore flessibilità, libertà e autonomia a fronte di minori spese (meno costi di trasporto) e più tempo (meno spostamenti e migliore organizzazione).
Un tale approccio dovrebbe evidentemente diffondersi nella cultura aziendale e nel mondo del lavoro – in questo senso alcuni incentivi andrebbero forse studiati, come andrebbe stimolato un discorso fra le parti sociali – ma il buon esempio e le buone pratiche possono evidentemente venire dal pubblico. Come peraltro già fa la Confederazione, la quale permette a collaboratori e collaboratrici, laddove le esigenze aziendali lo consentono, un parziale lavoro da casa.
Visto quanto precede, i sottoscritti deputati chiedono al Consiglio di Stato di attivarsi affinché la pubblica amministrazione autorizzi – naturalmente nelle posizioni dove è possibile – uno o due giorni di telelavoro settimanali. Nello specifico si chiede che il Governo proceda prima alla realizzazione di alcuni progetti pilota, e successivamente a un’analisi specifica delle funzioni, all’attuazione di una specifica base legale e a una pianificazione in questo senso, come anche alla formazione e sensibilizzazione dei quadri dirigenti.
Nicola Pini e Natalia Ferrara Micocci
Massimiliano Ay – Henrik Bang – Sara Beretta Piccoli – Lisa Bosia Mirra – Samuele Cavadini –Giorgio Fonio – Milena Garobbio – Sabrina Gendotti – Alessandra Gianella – Nadia Ghisolfi – Pelin Kandemir Bordoli – Fabio Käppeli – Giovanni Kappenberger – Luigina La Mantia – Tatiana Lurati Grassi – Francesco Maggi – Tamara Merlo – Amanda Rückert – Matteo Quadranti