Lo scorso mese di marzo, con Natalia Ferrara e altri colleghi (Ay – Bang – Beretta Piccoli – Bosia Mirra – Cavadini – Fonio – Garobbio – Gendotti – Ghisolfi – Gianella – Kandemir Bordoli – Käppeli – Kappenberger – La Mantia – Lurati Grassi – Maggi – Merlo – Quadranti – Rückert) abbiamo chiesto al Consiglio di Stato di attivarsi affinché la pubblica amministrazione autorizzi – naturalmente nelle posizioni dove è possibile – uno o due giorni di telelavoro settimanali, con l’obiettivo di migliorare la conciliabilità tra vita professionale e vita famigliare, diminuire traffico e inquinamento, creare opportunità di sviluppo per le zone periferiche, diminuire costi per Stato e aziende e migliorare la qualità di vita dei dipendenti. (vedi mozione) Nello specifico abbiamo chiesto al Governo di procedere prima alla realizzazione di alcuni progetti pilota, e successivamente a un’analisi specifica delle funzioni, all’attuazione di una specifica base legale e a una pianificazione in questo senso, come anche alla formazione e sensibilizzazione dei quadri dirigenti.
Oggi il Consiglio di Stato, prendendo posizione in merito, ha accolto nel principio la nostra proposta, riservandosi di sviluppare nel merito le modalità operative più appropriate. Un apposito gruppo di lavoro interdipartimentale è stato creato con l’intento di attuare una valutazione approfondita sulla fattibilità dell’implementazione, in particolare attraverso l’identificazione dei servizi più idonei e successivamente una fase di test. Sulla base dell’esperienza effettuata – afferma il Consiglio di Stato nel suo rapporto – sarà possibile valutare l’effettiva realizzabilità del concetto e l’estensione ad altri settori, le modalità operative, l’adeguamento delle basi legali e gli strumenti necessari all’eventuale implementazione del telelavoro. Inoltre, il telelavoro è stato inserito anche nelle misure sostenute dal fondo per la mobilità aziendale: le aziende che lo applicheranno per ridurre gli spostamento potranno dunque beneficiare di un incentivo finanziario.